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di Giacomo Di Chirico

BUOSO DA DUERA

Olio su tela
cm 133 X 80

Biografia Giacomo Di Chirico

Nasce a Venosa (PZ) nel 1844. Muove i primi passi in un ambiente molto povero ed è costretto ad esercitare il mestiere di barbiere per sopravvivere. È il fratello Nicola, scultore, ad avviarlo allo studio del disegno fino a quando, nel 1886, frequenta il Real Istituto delle Belle Arti di Napoli grazie ad un sussidio mensile del Comune di Venosa. I pittori paesaggisti Filippo Palizzi e Domenico Morelli, propugnatori della cosiddetta “pittura di storia”, furono i suoi maestri. Dopo i primi anni di studi, magistralmente compiuti, si iscrive presso l’Accademia di Roma, sempre sostenuto dall’assegno comunale che gli consente di continuare a perfezionare le proprie tecniche, finché non apre il suo primo atelier a Napoli. Il Buoso da Duera è il capolavoro della rivelazione dechirichiana: il pittore era combattuto, fino ad allora, tra Neoclassicismo e Romanticismo, incerto tra l’esaltazione degli ideali del passato e la raffigurazione della realtà nella sua immediatezza. Tra le due tendenze è la prima a prevalere nel suo stile. Il “pittore del verismo”, come era stato definito, muore nel manicomio di Aversa nel 1883 a soli trentanove anni, dopo un lungo periodo di tenebra mentale.

È il dipinto che rivela Di Chirico al grande pubblico. L’artista vi trova la forma della sua arte, da sempre in bilico tra il realismo storico del Morelli e il naturalismo del Palizzi. Collocandosi tra le due tendenze, la tela riprende la vicenda dantesca che ha per protagonista Buoso da Duera. Il dipinto narra la storia del suo epilogo: il corpo del traditore di Manfredi è trovato da alcuni sgomenti cappuccini sulle scale innevate del convento. La morte è il prezzo che Buoso paga per aver ricevuto denaro dai francesi che, guidati da Carlo d’Angiò, riescono, grazie al traditore, ad entrare a Parma. Di Chirico rappresenta lo stesso tema in due quadri simili seppure differenti per misura e per alcuni dettagli. La variante di maggiori dimensioni si trova presso il Museo di Capodimonte (NA); questa versione, datata 1872, è donata dall’artista alla Provincia di Potenza. Il tormento trasmesso dal tema è stato letto come espressione del malessere interiore del pittore.